Continuiamo con il nosto viaggio nei primi quattro versi degli Yoga Sutra di Patanjali con il secondo sloka.
YS I 2. Yogas chittavrtti nirodha.
“Lo yoga è la soppressione delle modificazioni della mente”.
Questa è una delle traduzioni comuni, o una delle varianti sul tema.
È uno sloka fondamentale, perché definisce cosa è lo Yoga.
C’è questa parola, soppressione, che mi lascia sempre un po’ perplesso. Chi sopprime cosa? È possibile sopprimere i pensieri? Il cosiddetto “fare vuoto”?
In realtà credo si debba fare ordine, ed osservare ogni singolo termine.
Yoga, in realtà ha molti significati, uno dei più utilizzati è, come abbiamo detto, il congiungere individuo e coscienza più alta.
Chitta a volte si traduce con “mente”, in realtà nella filosofia indiana Chitta non è propriamente la mente (manas) chitta è tutto ciò che è “dentro”, è il contenuto mentale ed emozionale, è la nostra realtà interiore.
Chitta è costantemente in uno stato di disturbo, e questi “vortici” che disturbano la quiete si chiamano appunto Vrtti.
Le modificazioni della mente appaiono a causa dell’incontro dei sensi con il mondo che ci circonda.
A questo punto, Nirodha.
Credo che l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno qui in occidente sia tradurre nirodha in qualunque modo che richiami un idea di controllo!
Quindi togliamo soppressione, eliminiamo controllo. Cosa rimane?
Da una parte possiamo dire “siamo in unione quando le fluttuazioni della mente cessano”.
Oppure “lo Yoga è la cessazione delle modificazioni della mente”.
Il controllo non è parte della pratica, non nel senso occidentale almeno!
Non puoi controllare i tuoi pensieri, non puoi sopprimerli. Qualunque tentativo in questo senso è destinato a fallire.
C’è una bella storia, narra di un monaco zen che va dal suo maestro e gli chiede “amatissimo maestro, lo sai che ti adoro e sono grato per ogni tuo insegnamento, ma ti prego illuminami, alla fine, quando medito, cosa devo fare?” (me la sono sempre immaginata in dialetto romano…); al che il maestro gli risponde: “o amatissimo allievo, alla fine, quando mediti, non èimportante quello che fai, l’unica cosa fondamentale è che tu non pensi alle vacche!”
L’allievo rimase sbigottito dalla risposta, e senza dire una parola si inchinò e andò a praticare, almeno per provare l’insegnamento del suo maesto.
Ovviamente, appena si sedette in meditazione, una sola cosa riempì la sua mente: vacche, vacche, vacche!
Straordinaria storia, e grande insegnamento.
Quindi, il controllo è ina strada inefficace, ma la cosa più pericolosa è che questa strada non fallirà subito, ma ti darà un certo grado di forza interiore, ti porterà fino ad un certo punto, ma non ti farà andare più avanti, per quanto tu possa provarci.
E allora? Cosa dobbiamo fare?
Intanto comprendere come evidentemente la parte fisica dello yoga è soltanto un mezzo e che qui siamo davvero su un alto piano: Yoga riguarda la consapevolezza dell’esperienza vissuta.
Comprendere inoltre che da una parte lo sforzo o l’idea di un percorso, di una montagna da scalare per arrivare in cima, sicuramente può aiutarci e darci uno stimolo per lavorare, ma dall’altra parte l’idea di uno sforzo ci allontana dalla realtà dello yoga, dal fatto che unione è già qui, già adesso, e che il problema riguarda solo la percezione (avidya).
Non praticare mai senza questa consapevolezza, senza questo intento.
Non ridurre lo yoga ad una pratica esteriore, ti perderesti davvero tanto!
namaste
Questo sutra mi ha fatto innamorare dello Yoga, ed è sempre stimolante leggere della sua essenza.
Bellissimo pezzo Maestro.
Grazie!
grazie mia cara,
questo sito ha senso e vive solamente grazie ai commenti e ai feedback. senza sangha non c’è trasmissione…
Trovo questo sutra ,molto importante,effettivamente ,se ti lasci imprigionare dal fascino della pratica esteriore,potresti avere per prima cosa difficoltá a rendertene conto è poi difficoltà a trovare. un giusto equilibrio .
Sempre grazie
Francesca