la via del guerriero nello Yoga

una delle pose ad oggi più conosciuta e praticata nello Yoga, specie negli approcci più fisici,

è la posa del guerriero, Virabhadrasana, nelle sue 3 varianti.

è una splendida posa, di grande beneficio e significato. osserviamola bene.

(foto) queste sono le 3 posizioni, comunemente chiamate Virabhadrasana I, II e III.

in questo articolo non ci fermeremo sui dettagli tecnici, quelli li vediamo a lezione,

piuttosto è interessante approfondire i concetti base, la storia, l’archetipo stesso del Guerriero.

a questo punto, la storia:

c’era una volta un re di nome Daksha. egli aveva una splendida figlia di nome Sati.

ella si innamorò e sposò il dio Shiva, creatore dello yoga e dio della consapevolezza.

il padre in realtà non era per nulla contento del matrimonio,

magari perché shiva, pur essendo una delle divinità principali dell’india, fondamentalmente ha i capelli rasta e veste in perizoma!

(anche in india il consiglio “tagliati i capelli e trovati un lavoro vero!” la faceva da padrone).

quindi, Daksha organizza una festa sontuosa, e invita tutti ma proprio tutti, tranne ovviamente Shiva.

al buon dio non importa nulla, ovviamente, ma Sati si fa prendere dalla rabbia, così tanto che va a fuoco!

(in alcune versioni si getta nelle fiamme, in altre versioni la storia è un po’ più complessa ma il punto è questo).

a quel punto Shiva va su tutte le furie: scaglia una ciocca di capelli (o un dreadlock) per terra e crea il guerriero superumano Virabhadra,

a cui comanda di dirigere l’esercito di Shiva contro Daksha e di ucciderlo.

Virabhadra taglia la testa a Daksha, sati viene riportata in vita, Shiva decide, in un momento di compassione, di non lasciare Daksha morto.

cerca la testa di un animale da piazzargli sopra e, se mi ricordo bene, trova una capra e così Daksha torna in vita.

tadah! tutto è bene quel che finisce bene.

storia di guerrieri e battaglie, violenza e taglio di testa. come si relaziona tutto questo con lo yoga?

guardiamo ovviamente la storia dal punto di vista metaforico.

Daksha rappresenta l’ego, il re del nostro regno, attualmente.

Sati simboleggia il cuore, che si innamora, e quindi è totalmente proteso, verso il sé più alto, lo spirito, Shiva.

a questo punto tutto è più chiaro:

la battaglia è quella interiore, la lotta di ogni uomo contro le sue cattive tendenze, contro il falso sé,

e fondamentalmente contro Avidya, l’ignoranza, o cattiva percezione di come stanno le cose.

il dettaglio a mio avviso splendido è l’ultima mossa di Shiva, che sostituisce la testa di Daksha con quella di un animale:

l’ego non è annullato, la battaglia non è una lobotomia.

l’ego viene spostato da una posizione di dominio, di primo piano, e rimesso al suo posto.

 

ora osserviamo le tre posizioni. nella prima le mani sono tese al cielo, nella seconda sono orizzontali, nella terza siamo in equilibrio, le braccia in avanti, una gamba dietro.

 

torniamo alla mitologia di Virabhadra. egli sorge dalla terra, e questo simboleggia la prima posizione.

Virabhadra sorge al mondo bucando la terra con la sua spada.

nella posizione le gambe sono larghe, la prima cosa che fa il Guerriero è trovare stabilità.

il primo chakra si apre verso il basso, la connessione con la terra è estremamente forte.

qui ci ricolleghiamo al significato stesso della parola ASANA.

tradotta comunemente come “posizione” (virabhadrasana = posizione del guerriero) in realtà vuol dire “seggio” o “seduta”. il concetto chiave quindi è la connessione con la terra.

ricordiamo anche l’indicazione che dà il saggio Patanjali nei suoi Yoga Sutra: “Sthira Sukha Asanam”: la posizione dovrebbe essere sempre stabile e confortevole.

o meglio, la connessione con la terra dovrebbe essere sempre stabile e confortevole.

la posa di Virabhadra insegna alle altre pose proprio questo concetto. specialmente visto che è una posa in piedi, e quindi una delle prime che si praticano a lezione. Per prima cosa, abbassa il baricentro, sii stabile e connesso con te stesso e con la terra.

qualunque azione il guerriero voglia compiere, riesce a farlo non per la sua forza esteriore, ma per il suo collegamento con la terra. e questa è una rivelazione fondamentale che la posa ci fa. nella posa cerchiamo forza interiore e non esteriore, energia al massimo livello ma straordinaria quiete. e la quiete è importante in Virabhadra, perchè la posa ci pone davanti alle nostre difficoltà, fisiche ed emozionali. è necessaria grande quiete per rimanere nella sensazione, qualunque essa sia.

è interessante notare che la posizione delle gambe è pressochè la stessa in molte tradizioni marziali (direi ovviamente) e nelle scuole tradizionali di spada giapponese.

a questo punto abbiamo trovato stabilità e forza… dove andiamo?

nella prima posizione il Guerriero si rivolge verso l’alto.

questo possiamo interpretarlo in diversi modi, vediamo i due principali.

da una parte ci rifacciamo alla storia classica: Virabhadra sorge dalla terra.

se da una parte come abbiamo visto l’implicazione è che dalla terra troviamo forza, dall’altra dobbiamo considerare lo sforzo.

lo sforzo di tirarci fuori, di sorgere, di elevarci.

questo è il senso sacro del Guerriero. egli combatte la battaglia interiore per elevarsi, per superare la sua natura primitiva e proiettarsi verso ciò che è più alto, verso l’infinito.

immagina che tipo di lavoro è quello di tirarti fuori dalla terra. è un lavoro fatto di costanza e disciplina, ma soprattutto è l’atto di TOGLIERE.

spesso diciamo che lo Yoga non apporta nuove abilità, l’idea che mettersi in una posa da contorsionista sia una abilità che lo yoga dona è una lettura molto superficiale.

non si tratta di acquisire ma di togliere.

lo yoga toglie confusione.

il guerriero che sorge dalla terra sta togliendo confusione, sta togliendo tutto ciò che lo lega ai piani più bassi, al mondo materiale.

è splendido, a mio avviso, cogliere la doppia valenza del concetto di terra. dalla terra puoi trarre forza, ma nella terra puoi rimanere invischiato.

questo è anche il senso dello Yoga, cogliere la reale natura degli opposti nel mondo interiore ed esteriore.

 

la seconda posa ha le braccia larghe

le mani protese, quella in avanti chiaramente puntata al bersaglio.

si sente uno straordinario focus, la mente come un laser si restringe in un fascio sottilissimo di intento.

il rischio, che a volte divertito faccio notare, soprattutto a me stesso, è quello di perdersi in una faccia seria, quasi corrugata.

è qui che dobbiamo bilanciare la forza con l’armonia.

comunque, il focus rimane. ed è una delle caratteristiche della posa.

l’energia risale dalla terra lungo le gambe, e dal cuore si proietta all’esterno.

dal cuore

sempre dal cuore nasce l’azione del guerriero, non dalla mente, non dalla rabbia.

il guerriero spirituale agisce e taglia dove deve quando deve ubbidendo ad una visione più ampia e più alta, non per il suo ego.

nella non identificazione scopriamo la nostra vera essenza.

e allora possiamo vivere questa seconda posa come un lavoro incredibile di scoperta delle nostre potenzialità,

della nostra forza interiore, come un allenamento della nostra passione e determinazione,

ma anche della nostra apertura, del nostro essere collegati al mondo esterno e consapevoli di esso.

per quanto prendiamo dalla terra, tanto dobbiamo dare, alla fine, siamo un passaggio e niente altro.

vedi come la forza è temperata dalla consapevolezza profonda?

 

il guerriero 3 è una posa totalmente diversa.

in equilibrio, una gamba protesa dietro, busto e braccia protesi in avanti.

è un invito a tuffarci nella vita, ad affidarci pienamente a quello che abbiamo seminato.

se ho trovato stabilità, vero collegamento con la terra, posso lasciarmi andare e volare.

la posa è un volo splendido, come tutte le pose di equilibrio, e ancora di più in quelle in cui ci proiettiamo totalmente ina vanti.

allo stesso tempo, ricordando la natura di vireabhadra, la posa ricorda la libertà nel combattimento.

come direbbe lo zen, arcere, freccia, bersaglio e cuore divengono una cosa sola.

e infatti qui sembra esserci solo la freccia. l’identificazione totale con essa.

l’arcere diventa freccia, proiettato nel suo volo al bersaglio.

se dovessimo racchiudere in una parola sola, quella parola sarebbe “affidarsi”

la capacità di lasciar andare il conosciuto.

di superare i limiti dell’ego.

come nel sutra del cuore, oltre, oltre fino all’altra sponda, completamente. benvenuto risveglio

gate gate paragate parasamgate bodhi svaha.

 

tuo nel sangha,

takai


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