elogio del gesto semplice

Per quello che è la mia comprensione, le cose sono andate così:

quando lo Yoga nacque, era un “Darsana”, una delle scuole filosofiche del pensiero indiano.

Ciò che la distingueva era l’approccio anche fisico alla spiritualità.

In un fermento rinascimentale, asceti si riunivano in gruppo (prima erano eremiti, il riunirsi in gruppo li costrinse a cambiare nome) per scambiarsi dati e tecniche, e magari praticare insieme.

Per lo più lo Yoga era uno sforzo individuale, si andava dal maestro – che per quanto può sembrare strano non faceva pubblicità online dei suoi corsi di formazione – e si rimaneva con lui fino a che il maesto non ti giudicava pronto.

Ancora più strano, questo metodo era alquanto differente dalle “200 ore” proposte oggi.

Gli asceti erano considerati anche guide e guaritori, molte persone andavano da loro per la cura dei propri mali, e probabilmente qualcuno è anche stato meglio dopo, incrementando la leggenda dei poteri speciali attribuiti a queste persone.

Già nello Hatha Yoga Pradipika si inizia a trovare una correlazione tra alcune posizioni e dei benefici fisici come cura per alcune patologie.

L’approccio è mistico, e se leggi un manuale medico dell’età romana, i termini e il modo di scrivere è lo stesso.

Non dovremmo dare molto peso ai supposti benefici di queste pose.

Certo, mettersi latte di capra e urina di vergine in un orecchio tendenzialmente ha meno benefici di una posa invertita o un saluto al sole, ma non dovremmo a mio avviso credere che la tale posizione “distrugge ogni malattia o anche la morte”.

Ad un certo punto c’è stato uno studio organizzato degli effetti delle varie tecniche dello yoga sul corpo.

Da Sivananda (che era medico) a Kuvalayananda a Iyengar, molti maestri del ‘900 hanno cercato spiegazioni fisiche degli effetti delle varie pratiche.

Sono un grande sostenitore di questo tipo di ricerca, e credo che un insegnante di yoga debba avere una forte base di anatomia, quantomeno per rispettare “ahimsa”, il precetto di non far male all’allievo durante la pratica.

Oggi molte persone si avvicinano allo Yoga anche per i suoi benefici fisici, magari perché hanno un problema specifico, qualche dolore di schiena probabilmente.

Per queste persone, una corretta pratica Yoga, possibilmente cucita ad arte su di loro, è un vero tocc-asana (gioco di parole voluto!).

Alle volte però rimango un po’ sorpreso da questo approccio strettamente utilitaristico allo Yoga, e soprattutto dall’idea esclusivamente razionale che lo accompagna.

Mi sembra un po’ come comprare il nuovo iphone ultimo modello e utilizzarlo come fermacarte.

Per carità, funziona eh! Ma magari c’è altro.

Magari c’è un tipo di benessere meno legato alle pose fisiche e soprattutto meno legato ad una supposta perfezione nella esecuzione.

La fissazione sull’allineamento mi sembra un rigurgito di superficialità invece che una giusta indicazione su una via più ampia.

È come se l’unico modo a disposizione della mente per andare in profondità fosse la ricerca del dettaglio fisico, piuttosto che l’approfondimento di un mondo ulteriore.

Sto parlando ancora di pratica fisica, lasciando da parte la meditazione e il Pranayama, non parlo quindi di Chakra o meridiani, prana o Kundalini.

Mi riferisco ad una cosa più semplice.

Immagina di prendere un pennello e disegnare nell’aria la “e commerciale” o ampersand (il simbolo “&”).

Ora prova a farlo senza pennello, semplicemente con la mano, come se essa fosse il tuo pennello. Lascia il polso morbido e fai scorrere il movimento, rilassato e continuo.

Bene, c’è più potere curativo in questo gesto che in tante pose di Yoga.

E il potere deriva in parte anche dal fatto che, in sé, è un gesto che non serve a nulla, e la mente non ha nulla a cui attaccarsi.

Non scioglie i muscoli, non li rafforza, non è stretching, nulla!

Eppure…

Capisci la grandezza e la libertà mentale che possiamo trovare, nel momento in cui dedichiamo uno spazio a, beh…nulla di che?

Ora non resta che praticare, senza scopo nè spirito di profitto…

namaste


Categories: Yoga destrutturato

There are 4 comments

  1. Aurora

    Bel post, condiviso in pieno da una ‘novellina’.
    Purtroppo ritengo che parte della superficialità derivi dall’ignoranza (nel senso originario della parola) e dal processo che ha reso lo yoga ‘à la page’, e altra gran parte dal ‘timore’ di lasciar andare la mente, liberarla.
    Sarebbe interessante approfondire il tema….
    Comunque grazie per cercar sempre anche durante le lezioni di trasmetteci qualcosa in più del ‘semplice’ esercizio fisico.
    A.

    1. Massimo Celentano

      grazie per il commento, mia cara!
      sono d’accordo con te, in tutto.
      mantieni la mente da novellina anche dopo anni di pratica, alla fine il “segreto” è solo quello.
      ci vediamo a lezione 😉

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