Oggi approfondiamo la mia posa preferita!
Come è evidente dalla scelta, non amo particolarmente le pose complesse, anche se mi diverte farle e se riconosco che in foto fanno la loro figura.
Però, come pratica personale, difficilmente approfondisco le pose “wow”, e rimango invece molto coinvolto da quelle pose che passano un po’ inosservate, quelle che non hanno particolari difficoltà.
E’ un po’ il mio concetto di wabi-sabi, che nello Yoga ritengo fondamentale.
In quest’ottica, eccovi la posa della mezza candela, o meglio – da traduzione – la posa di tutto il corpo nella variante parziale.
La posa, come dicevamo, è tra le inversioni più semplici: da sdraiato sollevo le gambe e il bacino, sostengo la schiena con le mani.
Tutto qua!
Ardha Sarvangasana solleva una domanda fondamentale, alla base della deriva mentale, anatomica e olimpionica dello yoga: “e adesso?”.
Racconta un monaco Zen di un incontro con una bambina, che gli chiede: “ma voi cosa fate lì dentro?”, indicando il luogo di pratica. Il monaco risponde “beh, facciamo meditazione!”, “e cosa vuol dire?” chiede ancora la bambina, al che il monaco risponde: “ci sediamo nella posa del fiore di loto e rimaniamo fermi”. A quel punto la bambina si fa spiegare come si fa la posa, si siede a terra e ovviamente in un attimo porta le gambe nel fiore di loto e domanda al monaco :”e adesso?”.
Questa breve storia esprime perfettamente a mio parere la tendenza della mente ad andare sempre oltre, ad aver bisogno di continui stimoli e obiettivi da raggiungere.
Conosciamo bene questa attitudine, già nelle piccole cose: compra l’oggetto che desideri di più, di lì a poco vorrai un’altra cosa.
Nella nostra pratica il rischio è lo stesso: possiamo raggiungere una posa e ricevere delle sensazioni, ma poi il rischio è quello di non andare in profondità nell’Asana, ma di perderci nella superficie.
Allora possiamo cercare pose sempre più complesse (non a caso nei primi testi dedicati allo Yoga non c’è traccia di pose complicate, a parte forse mayurasana, che ha un ovvio effetto fisiologico), oppure possiamo “perderci” nell’aspetto anatomico della posa, andando a studiare ogni muscolo attivato, ogni articolazione interessata.
Non fraintendetemi, l’aspetto anatomico è fondamentale nella pratica, credo però più per un insegnante che per un allievo; e soprattutto, non è Yoga, ma solo un recinto nel quale la nostra pratica dovrebbe esistere.
Eccoci allora alla posa di oggi, la mezza candela.
Una posa che non chiede nulla, non ti subissa di indizi o di allineamenti (anche se ovviamente possiamo perderci anche qui), ma che ti dice solo una cosa: inverti la posa del tuo corpo ed ascolta!
Per tanto tempo nella mia pratica ho vissuto Ardha Sarvanga solo come una preparazione alla candela completa, pensando che quest’ultima fosse la “vera” posa, e la fase parziale solo un momento da attraversare per arrivare, finalmente, al mio obiettivo!
Poi durante una pratica particolare, ho compreso come ogni posa parziale è una posa a sé, ha una sua vibrazione specifica e una sua ragione di essere.
Allora entriamo nella posa della mezza candela, e gustiamoci il senso della inversione:
la base diventa la parte alta del corpo, e in particolare la zona tra le scapole (dietro al cuore). Questa zona si rilassa e si espande e trova il contatto con la terra e la stabilità. E’ evidente la simbologia di dare stabilità al cuore, vero?
I piedi sono in alto, rilassati, aperti alle “vibrazioni del cielo” come antenne. La sensazione del sangue che scende è straordinaria, e possiamo godercela completamente visto che la posa sta su da sola al 95%, il livello di sforzo è davvero minimo se non assente (mi sono quasi addormentato in diverse occasioni!).
Per approfondire davvero la posa, è il momento di tornare al nome, e alla nostra interpretazione di esso.
Ardha Sarvangasana può essere tradotto come la mezza posa della candela, e ovviamente ha il suo senso, visto che se consideriamo la candela come la posa “totale”, questa è evidentemente la parziale.
Ma un’altra, meno evidente, interpretazione è questa: Ardha Sarvangasana è la posa di tutto il corpo, parziale.
Cosa vuol dire? Da una parte che è ogni parte del corpo viene interessata e messa in campo; sì, nella fase “completa” le gambe sono in verticale, il deflusso venoso sarà più veloce, ma è come svuotare una bottiglia: mettila a testa in giù completamente in verticale o a testa in giù inclinata, in tutti e due i casi si vuoterà, magari un po’ prima o un po’ dopo.
D’altra parte, è una fase parziale, vuol dire che qualcosa è meno presente.
E se non fosse il corpo? Abbiamo visto che in un modo o in un altro lavora.
Se fosse la mente a rimanere fuori dal gioco? Il nostro controllo, la nostra volontà o attività?
Allora Ardha Sarvangasana diventa ciò che deve essere: un magnifico spazio vuoto, con nulla che possa disturbare la facoltà dell’ascolto, uno spazio in cui semplicemente si osservano le magnifiche sensazioni, senza cercare di governarle o guidarle. In questo senso, la posa è l’ingresso più ampio per la meditazione!
Questo è un dono magnifico della posa, dono che possiamo semplicemente ricevere.
Ecco, Ardha Sarvangasana è l’atto del ricevere.
Namaste
m.