la pratica della goccia d’acqua

Parlando con un insegnante di yoga è uscito fuori un tema ricorrente e importante: la gente non ha più la capacità di essere attenta a lungo.
Mi trovo d’accordo, ovviamente.
Magari sono vecchia guardia, o solo vecchio, ma ai miei tempi si praticava a lungo(sì, messa così son proprio vecchio…)
Non si poteva andare a Villa Ada (il mio punto di riferimento per l’allenamento) senza trovare qualcuno che praticasse, a qualunque ora del giorno.
I ritiri erano solo pratica, tutta pratica, tutto il giorno.
Non erano vacanze e non volevano esserlo.
Probabilmente si aveva bisogno di un paio di giorni per riprendersi, anche solo fisicamente.
In realtà, anche il mio primo maestro iniziò ben presto a edulcorare la pratica durante i ritiri, e questo fu uno dei motivi che mi spinse ad allontanarmi.
Da ritiro yoga a vacanza yoga a vacanza e basta, il passo fu piuttosto breve.
Certo, dal punto di vista commerciale aveva più che ragione, ma il commercio non è mai stato qualcosa che mi abbia attratto, non fine a se stesso.
nel mio piccolo propongo sempre e solo pratica, facoltativa ovviamente se qualcuno vuole riposarsi un’oretta, ma sempre pratica.
ora, c’è un punto che va comunque considerato. non è detto che non si possa migliorare la pedagogia dell’insegnamento. troppo dell’allenamento “orientale” è “monkey see, monkey do” ossia copiare l’insegnante fino a che non si impara qualcosa. non è il metodo migliore.
viva i cambiamenti, in questo senso, cercando sempre di introdurre nello yoga una delle parole chiave di Yoga Destrutturato: l’efficacia.
allo stesso modo, viva gli approcci “poco, spesso”, dove si cerca di sintonizzarsi istantaneamente con uno stato di “unione” (mi si perdoni l’eccessiva semplificazione).
però un monito di attenzione a tutti i fan della via diretta (me compreso): l’illuminazione istantanea non significa che non si lavora, anzi! impariamo piuttosto ad innamorarci di questo “sforzo”, che è la cosa più bella del mondo.


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